Ogni individuo è diverso; nessuno crede che nel mondo esistano due persone esattamente uguali nell’aspetto e nel carattere. Inoltre gli aspetti storici e socioculturali aumentano l’evidenza di questa diversità.

nostravisione

Pur tuttavia non si può neppure dire che gli individui siano completamente diversi; la stragrande maggioranza degli esseri umani ha caratteristiche che la accomunano; hanno una testa, degli arti, e al loro interno degli organi che svolgono le stesse funzioni per ciascuno.
Così l’apparato digerente serve per lo stesso motivo a due persone completamente diverse, nel carattere e nella cultura, e che quindi, probabilmente, assumeranno anche cibi diversi.
L’apparato digerente assolve alla funzione di assumere e trasformare il cibo in entrata in modo da garantirci la sopravvivenza.
Altrettanto si può pensare della nostra mente; dove si possono distinguere degli aspetti di struttura; di contenuto e di processo.
Le funzioni strutturali sono paragonabili all’apparato digerente nella sua funzione “universale”; quelli di contenuto sono come il cibo, diversi per ciascuno, quelli di processo sono relativi a come le funzioni strutturali elaborino quei particolari contenuti per svolgere la sua funzione.
La funzione della mente, in prima istanza, è quindi quella di assumere informazioni dall’ambiente e processarle in maniera tale da garantirci perlomeno la sopravvivenza.
Quindi, nello spiegare qualunque fatto della mente, non si può prescindere dalla considerazione di ciascuno di questi tre aspetti.

Né tantomeno lo possiamo fare quando vogliamo intervenire su quei “fatti mentali”.
Tuttavia in psicoterapia questa tipo di operazione può risultare non così ovvia; l’evidente singolarità di ogni esperienza umana, può portare a non interessarsi degli aspetti di struttura e di processo, ma a concentrarsi solo su quelli di contenuto.
Per aspetti di struttura e di contenuto intendiamo l’insieme delle funzioni e dei processi cognitivi ed emozionali sottostanti al nostro comportamento.

 

Chiamo trascendentale ogni conoscenza che si occupa non di oggetti,

         [Ma del nostro modo di conoscenza degli oggetti] – Immanuel Kant

Quando ci spieghiamo qualcosa, generalmente crediamo che la nostra spiegazione, che include attribuzioni, giudizi, motivazioni, sia determinata dalle caratteristiche della situazione che osserviamo; caratteristiche che tendiamo a ritenere come oggettive, reali, in un certo qual modo indipendenti dal nostro punto di vista.
La psicologia cognitiva, ha evidenziato invece come i nostri organi di senso siano guidati nella loro percezione delle cose da schemi già presenti nella nostra mente.
E che questi modi di spiegare le cose siano assai influenti nel determinare il significato per noi “reale” delle circostanze nelle quali ci troviamo.
La presenza di questi schemi non rappresenta una caratteristica anomala, anzi possono essere considerati alla stregua dei nostri organi interni che ci garantiscono la sopravvivenza.
Attraverso i nostri schemi, quindi ci muoviamo piuttosto a nostro agio nel mondo che ci circonda, sperimentando una sorta di continuità che ci consente di affrontare la gran parte delle cose che ci accadono quotidianamente.
In genere noi non ci accorgiamo della loro continua e sottostante azione, come non ci accorgiamo della continua e sottostante azione del fegato piuttosto che dei meccanismi metabolici.
La loro presenza ed importanza risalta quando, improvvisamente, viviamo uno stato di malessere, o manifestiamo la comparsa di qualche sintomo.
La nostra quotidianità risulta interrotta da reazioni, percezioni che rendono difficile continuare a fare quello che stavamo facendo e che fino al giorno prima facevamo tranquillamente.
Qualche nostro schema potrebbe non “funzionare” bene; cioè invece di garantirci una maggiore efficacia nel muoverci nel mondo; potrebbe causarci più fatica, imbarazzo.
Questi schemi, diciamo disfunzionali, cioè non in grado di garantirci informazioni utili per affrontare correttamente le situazioni sono l’oggetto di studio e di intervento della Psicoterapia REBA; ovvero del nostro tentativo di integrare continuamente le acquisizioni della Terapia Cognitiva Comportamentale con quelle delle Scienze Cognitive.